lunedì 27 maggio 2013

I famosi bivi della vita

Che giornata.
Due volte piallato sotto il profilo professionale nell'arco della stessa giornata, non è male.
Dire che ho il morale a terra è un eufemismo, ma che devo fare? ormai son arrivato al traguardo. E' lì. Non devo far altro che mettere in gioco tutte le ultime energie per superare gli ennesimi deliri di questa tesi e della mia vita fondamentalmente sbandata. Prendo il pezzo di carta e resetto tutto. Città, amici, conoscenze. 
Nuovo giro e nuova corsa a 30 anni. Non sono tanti, ma nemmeno pochi da esser certo di farcela stavolta. 
Non c'è che dire. Venire a Pisa è stato, a posteriori, lo sbaglio più grande della mia vita. In questi istanti rinnego tutto e tutti. Amici, vecchi amici, vecchi amori, nuove conoscenze, ciò che ho studiato, ciò che ho imparato. Tutto sbagliato. La mia testardaggine in conclusione ha chiuso tutte le scatole a matrioska, ed il mulo testa di cazzo che sono ha indossato il paraocchi ed ha visto solo scatole chiuse di problemi irrisolti, accumulati dentro un'altra scatola, e dentro un'altra scatola. Ma è andata esattamente come doveva andare. Le scatole erano di cartone, ed i pesi che contenevano troppi. Ed è esploso tutto. Ed ora riaffiorano tutte le scelte sbagliate, tutte le amicizie distorte ma soprattutto il mio modo idiota di coltivarle e non. Riaffiorano tutte le donne sbagliate, riaffiorano tutte le mie debolezze che unite assieme alla mia anima violentemente fragile mi permettono di affermare di aver sbagliato tutto. Davvero tutto.

L'unica domanda che ho evitato di pormi fino ad ora per evitare di morire dentro definitivamente ha avuto la sua risposta.


Dovevo fare il musicista. 

Era l'unico modo sensato di esprimermi. L'unico linguaggio che davvero avrei saputo affrontare, altro che formule del cazzo, altro che finta espansività esteriore. 
Sono un timido del cazzo, e se si nasce con questa indole, non si può morire modelli da passerella.

Non sono il pescecane che dovrei essere per sopravvivere nel mondo dell'università, del lavoro, degli amici e degli amori.
Sono un musicista. Uno che butta tutte le proprie malattie mentali sui tasti del pianoforte e tira fuori tutta l'intimità e l'espressività di cui è capace.

A conti fatti, e vista l'attuale situazione, se mi fossi iscritto al conservatorio sarei rimasto interiormente ed esteriormente timido e gobbo, incapace di approcciare con una donna e incapace di affrontare la vita pratica di tutti i giorni. Chiuso nel mio mondo di tasti e note avrebbe avuto tutto più senso e la vita di sicuro sarebbe andata nell'esatta direzione opposta. La più logica. 

Se si nasce con indole violentemente emotiva ed artistica non si muore ingegnere.
...ma ormai è troppo tardi. Verità tristemente accettata. Amen.

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